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Letta non beve più il caffè: troppo nero

2022-09-09 16:30

Enzo Trantino

Cronaca, Politica, Focus, Opinioni,

Letta non beve più il caffè: troppo nero

I fantasmi antifascisti del segretario del Pd sempre più indietro nei sondaggi. Accusa tutti quelli che non la pensano come lui: vera lezione di democrazia

.

Peccato!

La nuova “marcia su Roma”, organizzata per il 28 ottobre dai “Fratelli d’Italia”, è stata rinviata. Sono intervenuti preti ortodossi, matriosche russe e agenti bulgari che hanno minacciato Enrico Letta di richiedere un risarcimento per i miliardi versati dall’Unione Sovietica agli antichi progenitori dello stesso partito, quelli che fondarono nell’URSS, Togliattigrad.  Quanta amnesia!

E così, forse perché stordito da questi fascistissimi sondaggi che lo vedono spacciato, ha ripiegato su altri temi, quali l’eccesso di mosche in estate, la pensione ai neonati, l’abolizione dei comizi per probabile diffusione pandemica, confortata dal ministro Speranza, quell’allegrone ministro della Salute, che da solo, come il “prode Anselmo”, ha combattuto miliardi di microbi, batteri e affini.

Perché ci rifugiamo nel paradosso?

Per salvare il fegato: vi basta?

E’ impossibile ascoltare Letta, che intravede ovunque minacce e pericoli innescati dalla nemica Giorgia Meloni, che parla diverse lingue solo per comunicare ai suoi amici esteri i piani di occupazione del potere, spingendosi alla “bicamerale”, salvifica, se attuata da D’Alema, insidiosa per fini occulti, se proposta dalla concorrenza.

Anche perché la legge elettorale vigente è “schifosa”, secondo il verbo lettiano.

Se poi è nata col nome di un deputato, allora del PD, Rosati, e dopo che altro impenitente fascista, a nome Gentiloni, da presidente del Consiglio la volle, ponendo il voto di fiducia restano dettagli non esigibili a chi versa nello “stato” del cattocomunista Letta, ridicolizzato nella paranoica idea fissa del “fascismo” anche dal caffè mattutino, pericoloso in quanto “nero”.

A completare l’opera mancava solo la signora Clinton, che, forse perché miope, non è riuscita a vedere “emergenza democratica” nella candidatura della leader del centrodestra.

A recitare parte in commedia non poteva mancare Calenda, specialista nella lettura dei fondi di tazzine, il quale, irridendo al delirio di Letta, sposo poi piantato avanti l’altare, intravede i pericoli per il dopo elezioni perché il diluvio di sondaggi che si annuncia favorevole a Meloni, porterà all’occupazione del potere mediante voto parlamentare esagerato.

Renzi ronfa da gatto di razza, e manda la fidata Boschi a disinnescare mine misteriose contro l’assetto democratico del Paese.

Dimenticavo Conte.

Da passante per caso, investito di funzioni primarie, fa esercizi ginnici-politici tra garantismo e affini, parlando dell’agenda “dei nove punti” non accolta da Draghi, col tono fumantino dell’estremista di sinistra. A lui basta un popolo “sussidiato”. E’ stato premier a sua insaputa e perciò predice… il passato.

Di Gigino Di Maio non scrivo. Capirete perché.

Resta ora un quesito: che fare del treno prenotato per la “marcia” ottobrina?