La normalità non sempre fa notizia giornalisticamente parlando, ma ci sono volte in cui è il cuore che aspetta con trepidante speranza questa notizia. E al cuore, si sa, bisogna saper dare voce.
Una comunità territoriale che torna lentamente alla normalità è come un convalescente che riprende ad uscire di casa dopo un periodo di malattia. All’inizio, stordimento ed incredulità si accompagnano ai sentimenti di gioia e felicità. C’è sempre la paura di ripiombare a letto per una recidiva. Poi, man mano, si riprendono le abitudini di una volta, con la consapevolezza che averne sentito la mancanza, nel periodo di buio, ha temprato la capacità di alimentare la speranza. Speranza ancora più forte di paura, sconforto, rabbia e delusione messi insieme.
A Fleri, la frazione più popolosa del comune di Zafferana Etnea, stamattina si respirava un’aria magari non di giubilo ma comunque festosa fra la gente, le famiglie, gli anziani, i ragazzi e le tante persone accorse alla Parrocchia Maria del Ss. Rosario per partecipare al rito della Domenica delle Palme.
Un rito iniziato con la benedizione dei ramoscelli d’ulivo dinanzi al sagrato della Chiesa, proseguito con una piccola precessione dei fedeli verso l’interno della Chiesa, continuato con le cadenze e i ritmi di qualche anno fa, e con la medesima disposizione dell’assemblea verso l’altare durante la celebrazione eucaristica officiata da mons. Alfio Russo. Il parroco, finiti i festeggiamenti per la riapertura dell’edificio di domenica scorsa alla presenza dell’Arcivescovo mons. Luigi Renna, ha ringraziato tutta la comunità e quanti, in particolare, si sono prodigati a vario titolo per far riaprire la Chiesa, esortando i fedeli a continuare a ricompattarsi.
Non c’è bisogno di essere residente a Fleri e nelle frazioni limitrofe per rendersi conto di quali emozioni ha suscitato la Domenica delle Palme questa mattina. Non abbiamo visto sorrisi di circostanza, ma espressioni facciali più serene e speranzose.
La comunità si è riaggregata e questa di per sé è notizia giornalistica, tenuto conto del fatto che prima il terremoto, poi la gestione dell’emergenza ed infine la ricostruzione negli ultimi cinquantuno mesi hanno aperto squarci e lasciato ferite nella forte coesione sociale stabilitasi da decenni fra le famiglie residenti, i loro parenti e i luoghi fisici dell’aggregazione, a cominciare dalla Chiesa.
Coesione a Fleri non è uno slogan, è una testimonianza di amore e di impegno civico. Nel 1984 un altro terribile sisma colpì la frazione ed allora la comunità seppe rialzarsi velocemente. La nuova Chiesa, sorta a fianco di quella vecchia fortemente danneggiata dal terremoto, venne progettata dal professore Ugo Cantone, edificata ed aperta al culto in poco meno di sei anni. Tutta la gente del luogo, senza allontanarsi dai luoghi in cui era cresciuta ed aveva vissuto, si diede da fare per ricostruire coi contributi pubblici le proprie abitazioni danneggiate, riadeguarle a norma sul piano antisismico, e tornare a rianimarle come un tempo. In sei anni, pur con qualche cerotto, la frazione si rimise in piedi.
Quella di Fleri, dunque, è storicamente una comunità capace di rialzarsi. Questa volta però, dopo il sisma di Santo Stefano del 2018, tutto è diverso. I tempi sono cambiati e dunque anche sistemi politici e legislativi sono differenti; la visione dell’amministrazione locale in materia di pianificazione urbanistica è molto diversa; le procedure amministrative in materia antisismica sono più stringenti; le ricostruzioni di emanazione governativa sono più complesse, macchinose e comunque non tutte uniformi lungo l’intero Stivale italiano. In più a Fleri, come in altri territori dei nove comuni colpiti dal sisma di Santo Stefano, si stanno operando demolizioni e sono state autorizzate conseguenti delocalizzazioni che cambieranno lentamente la fisionomia del paese.
Però stamattina rivedere la comunità di Fleri riaggregata come un tempo ha fatto un certo effetto, tra abbracci e strette di mano delle persone. Rivedersi sul sagrato della Chiesa e, dopo un lungo tempo di assenza, tornare a chiedere a conoscenti ed amici notizie sullo stato di salute degli altri familiari o aggiornamenti sulla crescita dei figli è una specie di balsamo. Fede e devozione si accompagnano sempre a tradizioni e sane abitudini.
Un piccolo territorio vive anche di questo. Non sappiamo se ciò sia sufficiente a far notizia, ma di per sé è una bella cosa. E tutte le storie belle vanno raccontate.