Mango per idea. Non è assonanza con l'avverbio di negazione, tutt'altro. E non è nemmeno un gioco di parole, tanto per scherzare al principio di un'estate che si preannuncia calda. Ciò di cui si è dibattuto ieri pomeriggio, nell'incontro "Mango per idea" promosso dalla Pro Loco di Fiumefreddo di Sicilia e patrocinato dal Comune, è di grande importanza per una porzione del territorio jonico in cui il mango, tipica cultura tropicale che ben si adatta alle caratteristiche climatiche ed ambientali del territorio, potrebbe far da volano ad un rinnovamento delle pratiche agricole.
Il condizionale è d'obbligo, perché ci vuole sempre molta prudenza quando si discute del settore primario, uno dei più importanti dell'economia siciliana. Ed onestamente, non è più tempo di retorica sulla Madre Terra. Ma le premesse, almeno così è sembrato di capire ieri pomeriggio all'incontro introdotto da Leonardo Alessio e moderato da Alfio Monaco (Pro Loco), sembrano davvero buone.
Fiumefreddo di Sicilia è insieme a Balestrate (Palermo), Caronia e Sant'Agata di Militello (Messina) una delle quattro aree più vocate in Sicilia per la produzione di mango – ha fatto presente il professore Stefano La Malfa, Ordinario di Arboricoltura generale e Coltivazioni arboree al Di3A dell'Università di Catania, il primo dei tre relatori invitati a discutere sul tema. In tutto il mondo, la produzione di questo frutto subtropicale è di 57 milioni di tonnellate su una superficie coltivata di 6 milioni di ettari. L'Asia, con l'India che è il maggior produttore mondiale, l'America e l'Africa detengono la leadership nella coltivazione del mango che da solo vale la metà di tutta la produzione globale di frutti tropicali. La domanda di consumo, in forte crescita, proviene principalmente dai Paesi europei, ma anche da Sudafrica e dalle Americhe.
Il docente dell'Università di Catania, oltre ai dati, ha poi fornito una serie di informazioni importanti su forma, colore e tessitura della polpa di questo frutto; sull'ampia variabilità genetica; sul calendario di maturazione che, a seconda delle varietà, va da metà luglio a metà novembre; sulle tecniche di propagazione (per seme e per via vegetativa); sull'importanza sia della scelta del sito su cui coltivare il mango sia di adeguati sistemi di protezione per proteggere il frutto dalle intemperie. Non ultima – ha ricordato il professore La Malfa – c'è la questione della qualità dei materiali forniti dai vivaisti, che influenza fortemente le caratteristiche della pianta che poi originerà il frutto.
"From farm to fork", direbbero gli anglosassoni. Per portare il mango dalla pianta alla tavola dei consumatori ci sono diversi stadi di lavorazione, ben rappresentati nella seconda relazione della dottoressa Maria Concetta Strano, ricercatrice del Crea di Acireale. Questo frutto tropicale, che ben si adatta alle caratteristiche climatiche dell'area mediterranea, è sempre più apprezzato per le sue proprietà organolettiche: gusto dolce, poco acidulo e dal profumo intenso. Inoltre, dal punto di vista nutrizionale è sempre più ricercato per il suo valore energetico medio-alto, per il contenuto di carboidrati solubili, proteine e lipidi, perché ricco d'acqua (83%), e per la presenza di vitamine C ,A, E, quelle del complesso B, e pure di potassio, fosforo, calcio e fibre.
Per arrivare però con queste caratteristiche intatte sulla tavola dei consumatori, disposti in alcuni Paesi a pagare di più per assicurarsi un prodotto di qualità, ci sono diverse problematiche da prendere in considerazione. Innanzitutto, le problematiche post-raccolta: il calo peso, i danni meccanici, i marciumi, i disordini fisiologici, la raccolta al tempo giusto (a seconda del calendario, almeno 21 giorni prima per arrivare poi a piena maturazione) e all'orario giusto (di norma nelle ore più fresche della giornata o addirittura di notte).
Poi ci sono tutte le fasi di lavorazione: dall'alimentazione, alla preselezione, al lavaggio e alla ceratura con appositi macchinari; ed ancora selezione e calibrazione; il confezionamento in adeguati contenitori; la conservazione a temperatura ambiente; la refrigerazione. E quindi il trasporto, a temperatura controllata; la spedizione via mare, terra o aerea. Ed infine la commercializzazione, dominata dai grandi Paesi player come Paesi Bassi e Spagna nelle importazioni che poi redistribuiscono un po' ovunque, ma soprattutto verso Grecia, Regno Unito, Francia e Portogallo dove il mango è più ricercato ed apprezzato.
Possono i piccoli produttori agricoli di mango di Fiumefreddo svolgere da soli tutte queste attività e trarre poi adeguato profitto dalla coltivazione del frutto – si è chiesto il professore Rosario Faraci, Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese al DEI dell'Università di Catania, intervenuto alla fine dell'incontro? Soprattutto tenuto conto del fatto che messi tutti insieme i produttori saranno non più di una decina per un totale di superficie coltivata non superiore ai 20 ettari?
Per fare del mango un vero e proprio business profittevole, fermo restando che è pure sostenibile e responsabile, secondo il professore Faraci bisogna cambiare modelli di business, fare un salto di qualità e mentalità imprenditoriale che permetta ai piccoli produttori di esplorare tutte le opportunità di mercato che la commercializzazione del mango offre: nei canali tradizionali della GDO e delle rivendite di ortofrutta, nel canale dell'e-commerce e della vendita alle piattaforme, nel segmento profittevole dell'Horeca (bar, ristoranti, alberghi e catering).
Per far ciò, è condizione fondamentale fare squadra, trovare modalità di aggregazione societarie (come consorzi e cooperative) oppure contrattuali (come la marca collettiva o i contratti di rete), affinché un buon prodotto come il mango dell'area jonica possa arrivare nelle tavole dei consumatori preservando tutte le caratteristiche che lo rendono davvero unico, ovvero gustoso, profumato e "figlio di una terra bellissima", come hanno avuto modo di precisare i produttori presenti all'incontro.
Tra loro pure Andrea Passanisi, il presidente di Coldiretti Catania, che è stato tra i primi in Sicilia una decina d'anni fa a credere nelle colture tropicali e subtropicali, diventando presto un punto di riferimento nella produzione e commercializzazione di avocado e mango a livello nazionale.
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