Anche la Cultura ad agosto va in vacanza. E’ l’intrattenimento a farla da padrona, la ricerca di relax, di spensieratezza; ed è anche comprensibile, per carità; solo che non si ferma l’abitudine all’autoesaltazione, all’autoincensamento; così ogni minima attività diventa un avvenimento unico, quasi epico: un Evento! Proliferano le stagioni estive ‘eccezionali’, dilagano le serate a tema con premi e cotillon, le sagre in ogni angolo del paese Italia, i festival musicali e letterari…
Diventa sempre più raro trovare delle programmazioni che abbiano una linea unitaria e che non siano dettate all’insegna dell’unicità, fine a se stessa, purché catturi l’attenzione e la presenza di pubblico, insomma che abbia successo, effimero magari, ma che produca effetti economici. Così il fine dell’arte, in estate, si orienta sempre più verso il riconoscimento dell’auditel e al diavolo l’impegnativa cultura. D’altra parte anche il cervello ha bisogno di andare in vacanza!
Certo, e per fortuna, a voler cercare con attenzione si trovano delle eccezioni. Ma la cosa più sconfortante è il rilevare che anche i Festival più blasonati ricorrono sempre più a programmazioni trite e ritrite e, con il supporto dei social, che ormai sono diventati la cassa di risonanza dell’umanità, vengono presentati come eccezionali, unici e irripetibili, salvo poi aprire la stura ai commenti impietosamente contro o acriticamente esaltatori; il gioco delle fazioni avverse; tutto ormai è diventato una competizione con relative tifoserie (potenza del calcio, infiltrato anche nei luoghi comuni più disparati, perfino nella politica, a partire dalla famigerata ‘discesa in campo’ del ’94).
Uno dei simboli dell’ovvietà, alla forsennata ricerca del tutto esaurito (anzi del sold out, secondo l’ormai consolidata prassi anglofona) lo ritroviamo nella stagione lirica dell’Arena di Verona, ostaggio di Aida, Carmen, Turandot, Nabucco e Traviata, con riprese zeffirelliane a go go e artisti che ‘girano’ tra le varie rappresentazioni, sempre quelli… una specie di ‘congelamento temporale’ mai screziato da quelle ‘intrusioni’ che un tempo non mancavano mai, impreziosendo stagioni che, comunque, non hanno mai rinunciato al ‘marchio di fabbrica’ di Aida e Turandot.
Non operano in maniera dissimile gli altri Festival operistici storici, dal quello pucciniano di Torre del Lago, sempre più in caduta libera, a quello (perfino) rossiniano di Pesaro (il Rof) artefice, in passato, di folgoranti edizioni ed oggi affidato alla pur prestigiosa direzione artistica di Juan Diego Flòrez.
Anche in Sicilia la proposta è molto ricca, ma a parte qualche programmazione che presenta una certa organicità (Teatro Bellini di Catania, Teatro Massimo di Palermo, Foss, Festival lirico dei Teatri di Pietra organizzato dal Coro Lirico Siciliano) assistiamo sempre più ad un sistema di tipo impresariale mirato ‘a far cassa’ senza alcun filtro di direzione artistica: si affittano gli spazi teatrali ad associazioni o a singoli agenti che impiegano teatri e spazi all’aperto senza alcuna progettualità unificante, all’insegna della commistione di generi accostati senza alcun criterio artistico-culturale. Perfino i teatri antichi di Taormina e Siracusa non sono sfuggiti a tale sistema. Per non parlare dell’Estate catanese (ma di chi è la responsabilità della direzione artistica che, in passato, ha visto figure come Franco Battiato, Andrea Camilleri, Michael Nyman ?). Se al Palazzo della Cultura o al Castello Ursino si sono alternati spettacoli di tutti i generi (prosa, recital di musica classica, canzoni, ecc…) il Giardino Bellini è stato praticamente chiuso (per buona parte dell’estate) alla fruizione da parte di turisti e cittadini, per consentire l’esibizione di cantanti e gruppi più o meno popolari, per la gioia e il diletto degli appassionati (e la rabbia ed il fastidio di tutti gli altri). Ma c’è poco da fare, gli eccessi superano sempre il buon gusto senza tenere conto, con equilibrio, degli interessi di tanti altri. Basta che ci si diverta!
(Foto Donatella Turillo)