Era sindaco di Messina. E, diciamolo francamente, stava facendo bene, stava amministrando bene almeno rispetto ai suoi predecessori che, magari, pesavano più al Tibet libero che ai problemi di Messina o pensavano più a fare i ducetti o accontentare i capricci degli alleati invece di risolvere annosi problemi. Nomi? Ne potremmo fare tanti da Buzzanca in poi, ma anche prima. Ma il ruolo di sindaco di Messina gli è subito stato stretto e allora ha allargato la sua visione e ha puntato a diventare il “sindaco di Sicilia”. Ci ha creduto o ha fatto finta di crederci fatto sta che Cateno De Luca, pur nettamente sconfitto da Schifani che ha compattato tutto il centrodestra, senza quel voto disgiunto che De Luca disperatamente invocava, dice che gli sconfitti sono i siciliani. Punti di vista ovviamente, il suo rispettabile come quello di tanti altri. E’ una frase però che mi ricorda in qualche modo il sindaco Orlando. Quando perse le elezioni disse che il 70% dei voti raccolti dal suo avversario erano tutti voti della mafia. Quando alla tornata successiva fu lui a vincere con il 70% delle preferenze erano tutti voti della società civile. Una sorta di ripetizione, in chiave moderna, del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Cateno De Luca, detto Scateno, non è un principiante della politica. Ha avuto a che fare con tutti i partiti possibili e immaginabili dall’Autonomia di Lombardo a Fratelli d’Italia e financo con la Lega di Salvini. Si, con la Lega. Alle regionali del 2017 inizialmente ha anche appoggiato il governo Musumeci. Per carità, niente di male in tutto questo se non una piccola, ma proprio piccola, mancanza di coerenza. Peccatuccio questo che in politica è sempre perdonato e in fretta, troppo in fretta dimenticato. E, ovviamente, non vale solo per De Luca. Ci mancherebbe. De Luca ha fatto un percorso politico che lo ha portato a sfidare tutti da solo. E con un successo in termini di voti straordinario. Nessuno può negarlo. I suoi atteggiamenti? Gli hanno dato tanta visibilità, un po’ come Grillo alla prima maniera, quello del “vaffa” per intenderci, ma alla fine troppa violenza verbale, anche quando aveva ragione (forse) gli ha nuociuto. Ma, secondo il mio modesto parere, quello che alla fine lo ha, politicamente, danneggiato di più è stata la sua mania di portare sul suo carro tutti i trombati e gli scontenti degli altri partiti. Ha raccolto di tutto. Per qualche voto in più, imbarcando tutti quelli che prima erano alleati con quella banda bassotti da lui tanto, e a ragione, criticata. Adesso vuole fare il sindaco a Taormina?. Mario Bolognari, sindaco attuale, non si pronuncia ma non crede molto a questa possibilità. “L’unica cosa che posso dire è che io mi ricandiderò”. Ed è già qualcosa. Salvo Cilona esponente dell’opposizione non si scompone: “ De Luca vuole candidarsi a Taormina? E chi glielo può vietare. Noi stiamo lavorando a un progetto che ha in Mauro Passalacqua il naturale candidato”. Nessuno sembra scomporsi per l’annuncio di De Luca che sicuramente saprà che tutti gli stranieri (non taorminesi) che hanno tentato questa strada sono stati sonoramente sconfitti, l’ultimo Briguglio nel 2013 quando era al vertice della sua popolarità politica. Una fortuna per Taormina. Questo è quanto. Ma poi De Luca fa sapere che invece di Taormina potrebbe candidarsi a Catania. In entrambi i posti non può. Questo lo sa anche lui. Altro colpo di teatro? Attendo De Luca, a Taormina sono permalosi e si offendono se li abbandoni per Catania. Adesso i nostri occhi saranno maggiormente puntati su chi queste elezioni le ha vinte. Schifani. E nulla, dal punto di vista giornalistico, gli sarà perdonato.