Finito il Bellini International Context il Teatro Massimo Bellini si avvia a chiudere i conti con il ‘sospeso’ delle ultime stagioni da recuperare, sia in campo sinfonico, sia in campo lirico. In attesa della Tosca (ultima opera del 2020) è stata la volta dell’ultimo concerto della stagione sinfonica (sempre 2020). Una serata che ha visto protagonista il pianista Giuseppe Albanese insieme all’orchestra del Bellini diretta da Pietro Borgonovo.
La prima parte della serata ha visto assoluto protagonista Giuseppe Albanese, impegnato nella parte solistica del Concerto n.1 in do maggiore per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven. Quando iniziò a scriverlo, nel 1795,il compositore di Bonn aveva ancora venticinque anni e da tre anni si era trasferito a Vienna per prendere lezioni da Franz Joseph Haydn. L'opera venne ultimata nel 1798 e mostra ancora forti legami con lo spirito e i modi del classicismo viennese incarnato da Haydn e Mozart, ma non mancano quelle ‘irregolarità’ armoniche che svilupperà nei successivi anni.
L’esecuzione di Albanese è stata indubbiamente molto aderente al gusto dell’epoca, privilegiando una brillantezza del suono ed una fluidità virtuosistica che emergono precipuamente nella fantasiosa cadenza del primo movimento, colma di quello spirito improvvisativo tipico del primo Beethoven (quando ancora cercava celebrità come esecutore) e, ancor di più nel conclusivo Rondò, certamente il momento più alto e personale della composizione. La direzione di Pietro Borgonovo, cui l’orchestra del Massimo ha risposto con garbo, è parsa voler assecondare soprattutto il protagonismo solistico del pianista. Applauditissimo, giustamente, dal pubblico, Albanese ha risposto con l’esecuzione di due brillantissimi e scintillanti bis, il finale (Moto perpetuo) della Sonata n. 1, op.24 di Carl Maria von Weber e il finale della suite dallo Schiaccianoci di Ciaikovskij, nella trascinante trascrizione pianistica di Mikhail Platnev.
Nella seconda parte della serata l’orchestra è diventata protagonista nella esecuzione della monumentale Sinfonia n.1 in do minore di Anton Bruckner. Composta a Linz tra il 1865 e il 1866 e successivamente revisionata a Vienna tra il 1890 e il 1891 la sinfonia risente ancora della influenza di Beethoven, Schubert e, soprattutto, Wagner (compositore da lui particolarmente venerato) ma è già portatrice di quelle caratteristiche che accompagneranno Bruckner nella composizione delle sue nove sinfonie, dalla densa struttura polifonica agli impetuosi ‘crescendo’ al poderoso organico strumentale (precorritore di Gustav Mahler).
La direzione di Pietro Borgonovo ha assecondato tali aspetti, affermandone anche, con evidente dilatazione dei tempi, quel tanto di retorica e magniloquenza sicuramente presenti nelle pagine bruckneriane, quasi a costituirne una cifra peculiare.