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"La Chunga" chiude la trilogia di Vargas LIosa

2025-05-12 09:51

Aldo Mattina

Cronaca, Spettacoli, Focus,

"La Chunga" chiude la trilogia di Vargas LIosa

Concluso al Teatro stabile di Catania il progetto avviato da Luca De Fusco tre anni fa. L'autore fa i conti con le sue radici e il suo passato

 

Con ‘La Chunga’ il teatro Stabile di Catania porta a compimento il progetto avviato da Luca De Fusco tre stagioni fa quando, alla presenza dell’autore, lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa (recentemente scomparso), fu presentato per la prima volta in Italia “I racconti della peste”(scritto nel 2015). L’anno successivo fu la volta di “Appuntamento a Londra”, del 2008.

     È stato quindi un percorso a ritroso che ci ha condotto agli inizi letterari di Llosa, esattamente al suo secondo romanzo, “La casa verde”, del 1966, da cui lo stesso autore fece derivare, nel 1985, il testo teatrale “La Chuga”, rappresentato per la prima volta a Lima dal gruppo Uesayo con la regia di Luis Peirano, protagonista Delfina Peredes; è stata questa, in assoluto, la pieces teatrale dello scrittore peruviano maggiormente rappresentata nel mondo, in una ventina di paesi diversi. Ed è incredibile quanto sia oggi ancora attuale!

     Nella Chunga  Llosa fa i conti anche con le sue radici e il suo passato. Siamo, infatti a Piura, città del nord del Perù circondata da distese di sabbia, dove lo scrittore abitò da bambino. E qui troviamo un gruppo di quattro perdigiorno, gli ‘Inconquistabili’ Josefino (Francesco Foti), Lituma (Valerio Santi), Scimmia (Giovanni Arezzo) e Josè (Pietro Casano) intenti a giocare ai dadi in un povero bar di periferia gestito con pugno di ferro dalla Chunga, una donna dura che scopriremo essere nata in quella ‘Casa Verde’ che sempre aleggia nei discorsi degli avventori, uno storico bordello, in cui la Chunga (Debora Bernardi) nacque proprio mentre divampava un incendio. Sono passati tanti anni ma vi è un continuo sovrapporsi spazio-temporale di ricordi, a volte forse sogni, di ricerca di verità pirandellianamente rievocata attraverso i punti di vista diversi dei protagonisti. Come in “Appuntamento a Londra” le distorte verità non sono ‘obiettive’ e c’è sempre il sesso che accompagna i ricordi, un sesso minato dia frustrazioni, ambiguità e che sempre sfocia in irrimediabile violenza: una continua lotta di genere mai risolta se non nel fallimento di una società malata, non degna di alcuna redenzione. Tutto ciò rispeccia ampiamente quanto affermato dallo stesso Llosa: “un romanziere esibisce di sé non i suoi incanti segreti, ma i demoni che lo tormentano e lo ossessionano, la parte più brutta di sé stesso: le nostalgie, le colpe, i rancori”.

     Non scopriremo mai cosa successe ‘quella notte’ di tanti anni prima quando il magnaccia Josefino, avendo perso una fortuna ai dadi, offerse alla Chunga, in cambio di denaro, di lasciarle in ‘pegno’ l’attuale amante, la bellissima e sensuale Meche (Francesca Osso) per una intera notte. Fu consumato un amore lesbico? Forse. Certo è che da quella notte nessuno rivide più la Meche.

      È un testo assai forte quello proposto da Vargas Llosa, impietoso, avvolto nei veli del mistero, oniricamente serpeggiante fra passato e presente, attraverso cangianti verità, eppure così reale!

      Ancora una volta il regista Carlo Sciaccaluga si immerge nel fantastico mondo di Llosa (come aveva fatto nei precedenti due appuntamenti dello Stabile) restituendoci uno squarcio in parte onirico, in parte iperrealistico, potendo contare su un gruppo di attori perfettamente calati nei personaggi, su cui emergono le due magistrali prove di Debaora Bernardi e Francesco Foti.

     Coproduzione di grande impegno strutturale e visivo da parte del Teatro Stabile di Catania e del Teatro di Roma – Teatro Nazionale, con le scene di Anna Varaldo, i costumi di Anna Verde e le luci di Gaetano La Mela.

     Pur nell’impegno di uno spettacolo ‘forte’ e riflessivo, il pubblico ha grandemente apprezzato ed applaudito.