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La malattia di Zeno curata dalla psicanalisi

2024-12-12 10:42

Aldo Mattina

Cronaca, Spettacoli, Focus,

La malattia di Zeno curata dalla psicanalisi

L’originalità e la sfida proposta nel presente allestimento è stata quella di discostarsene creando una nuova drammaturgia ed un allestimento assai moderno

Decisamente per il teatro Stabile di Catania è il momento degli adattamenti teatrali ricavati da grandi romanzi. Dopo l’inaugurazione con ‘Guerra e pace’ di Tolstoj si rientra in ambito italiano con un capolavoro della letteratura  di primo Novecento, ‘La coscienza di Zeno’, adattato per la scena da Monica Codena e Paolo Valerio. Quest’ultimo ne è anche regista avvalendosi della interpretazione protagonistica di Alessandro Haber. Lo spettacolo da oltre un anno a questa parte ha compiuto una lunga ed intensa tournée che lo ha portato fino alla nostra città.

      Il romanzo di Svevo ha conosciuto, nel tempo, svariate riduzioni e rappresentazioni sia in teatro sia in televisione. Il testo di riferimento, a partire dal 1964, è stato quello proposto da Tullio Kezich (che a volte ne ha curato anche la regia) tanto da diventare un classico nel classico.

       L’originalità ed anche la sfida proposta nel presente allestimento è stata quella di discostarsene creando una nuova drammaturgia ed un allestimento assai moderno, con la visione registica personale e coinvolgente di Paolo Valerio. Marta Crisolini Malatesta ha costruito una scena con gli elementi essenziali (sostanzialmente una serie di sedie) oltre ai costumi dal gusto d’epoca, lavorando in sinergia con i video di Alessandro Papa, i quali costituivano lo strumento per suggerire e rievocare le memorie di Zeno, mentre le luci erano di Gigi Saccomandi. Inquietante e polarizzante l’occhio attraverso il quale le immagini scorrono, quasi a voler suggerire la presenza (e il filtro) del dottor S., lo psicanalista cui Zeno si è rivolto per curarsi dalle proprie fobie, da quella malattia esistenziale che lo ha reso un ‘inetto’; cura che interromperà dopo sei mesi quando acquisirà la coscienza che la malattia sia connaturata alla condizione umana stessa. Per ‘vendicarsi’ dell’abbandono da parte dell’ammalato, il dottor S. decide di pubblicare il diario (con tutti i ricordi) che Zeno gli aveva consegnato. È questo l’espediente letterario ideato da Svevo, il quale struttura poi il romanzo in otto capitoli; dopo la prefazione dello psicanalista e il preambolo dello stesso Zeno, i capitoli successivi portano alla luce, attraverso una memoria non cronologica l’intera vita di Zeno, fino al singolare e apocalittico monologo finale sulla esplosione della terra  causata dall’uomo.

      E qui entra in scena la figura che giganteggia su tutte, l’io narrante di Zeno, Un Alessandro Haber strepitoso che ora racconta, ora interpreta riportandosi al momento narrativo, ora dialoga addirittura con il suo alter ego attoriale più giovane (ammiccando anche verso il pubblico). Ne viene fuori una figura dolente, dolorante, zoppicante, la cui ironia traspare con frequenza insieme a quel senso di inettitudine (ma sempre umanissima) che gli proviene dal suo stato ipocondriaco. Magistrale la narrazione del suo rapporto con il vizio del fumo che non riesce a debellare nonostante le continue promesse di fumare l’ultima sigaretta.

     Gli altri temi lo vedono protagonista dei diversi momenti della sua vita: il difficile rapporto con il padre, il matrimonio con Augusta (dopo il rifiuto da parte di due sorelle di quest’ultima), le sue vicissitudini lavorative fino ai successi in borsa… Sulla scena appare quindi un nutrito stuolo di personaggi che fanno da corona al mondo di Zeno. Un’agguerrita compagnia  che condivide con buona professionalità il mattatore Haber: Alberto Fasoli, Valentina Violo, Stefano Scandaletti, Ester Galazzi, Emanuele Fortunati, Francesco Godina, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo. Le musiche, appropriate e cangianti sono di Oragravity, i movimenti di scena di Monica Cedena. Produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia – Goldenart Production.

      Uno spettacolo raffinato che ci restituisce quanto meno lo spirito del romanzo di Svevo, pur nell’inevitabile operazione di riduzione; c’è da dire che comunque la drammaturgia funziona.

      Pubblico palesemente soddisfatto e plaudente.