“Funerale d’Inverno” è una commedia del drammaturgo israeliano Hanoch Levin, rappresentata per la prima volta al teatro Habimah di Tel Aviv (il teatro nazionale di Israele) nel 1978. Autore di almeno 50 commedie, di cui 34 rappresentate, non è molto conosciuto in Italia; è stata quindi particolarmente intrigante la scelta del Teatro Brancati di inserire nella propria stagione questa produzione che è, appunto, in prima nazionale. È stato il regista Armando Pugliese a volerla fortemente (trovando accoglienza da parte di Orazio Torrisi nel suo ‘Teatro della Città’), permettendo al pubblico catanese di venire a conoscenza di questo straordinario drammaturgo israeliano, creatore particolarmente innovativo che – come afferma lo stesso regista – ‘prosegue, spingendosi anche più in là, la strada tracciata da Jarry, Ionesco, Beckett, Pinter…perciò teatro grottesco, ma soprattutto teatro dell’assurdo’.
Ben quattordici personaggi sulla scena si danno da fare, con impegno vocale e fisico, per rappresentare l’eterno dramma umano della assurdità dell’esistenza. Personaggi al limite, disadattati o semplicemente ‘normali’, legati alle proprie necessità ma anche alle proprie egoistiche fisime, i quali sono intenti a conseguire, a tutti i costi, le funzioni rituali del vivere civile, il matrimonio, il funerale, il cibarsi, perfino il morire (con l’aiuto di un Angelo della Morte pronto ad aiutare l’estrazione dell’anima, ma dalle esalazioni posteriori, lunghi e poderosi peti…).
La madre di Laccio (Alfea, interpretata da Elisabetta Alma), il protagonista della piece, interpretato da Angelo Tosto, muore all’improvviso. Il problema di Laccio sarà quello di comunicare ‘ufficialmente’ ai parenti che l’indomani ci sarà il funerale a cui tutti dovranno partecipare; ma lo stesso giorno è previsto il matrimonio fra Velvezia (Aurora Cimino) e Poposki (Dario Magnano San Lio) e le famiglie dei consuoceri non vogliono saperne di accettare la notizia della morte poiché, dovrebbero spostare la data del matrimonio (già fissato da tempo con 400 invitati e 800 polli arrosto che andrebbero buttati…). Inizia così un inseguimento paradossale che porterà le due famiglie perfino a volo d’uccello in Tibet, tra morti improvvise (con conseguenti ‘esalazioni posteriori’) e incontri con fantomatici fanatici di jogging (gli esilaranti Rosenzweig, Emanuele Puglia e Lichtenstein, Cosimo Coltraro). A dar vita alle due famiglie, con vicino di casa al seguito (il prof. Kipernai impersonato da un invadente Agostino Zumbo) sono i prorompenti e divertentissimi attori della compagnia catanese, Olivia Spigarelli, Vincenzo Volo, Margherita Mignemi, Giovanni Rizzuti, Claudio Zappalà. Una compagnia assai affiatata e smaliziata, guidata da Angelo Tosto che tratteggia un disincantato ed ingenuo personaggio, per costruire una commedia dal testo ricco di battute fulminanti e paradossi scenici che lasciano basiti. Un nichilismo di fondo per una commedia tipicamente legata alla cultura ebraica, autoironica e amante del grottesco come l’abbiamo vista più volte rappresentata, per esempio, nel teatro di Moni Ovadia.