Con un ‘Gran Gala Lirico Belliniano’ è stato inaugurato, alla Villa Bellini, il non-festival belliniano, da oggi rinominato ‘Bellini International Context’ promosso dalla Regione Siciliana (interamente con Fondi europei) e affidato alla direzione artistica di Fabrizio Maria Carminati.
Ci piacerebbe poter dire che si è partito alla grande, condividendo le sperticate lodi espresse da Salvo La Rosa ad inizio serata, nel presentare l’avvio del Context: Straordinario (quante volte usata questa parola), eccezionale e via seguitando…
Quello che ci fa più male (e magari saremo una voce nel deserto, ma non possiamo tacere ciò che il senso di onestà intellettuale ci impone) è osservare il grado di assuefazione cui è giunta la maggior parte del pubblico e la conseguente mancanza di consapevolezza. Continuiamo a ritenere – ma a questo punto non è dato sapere cosa sia la cosa più giusta – che un omaggio alla figura di Vincenzo Bellini, un Festival o un Context che sia, dovrebbe tentare di proporre al più alto livello possibile, una indagine e una serie di riflessioni sulla condizione degli studi belliniani oggi, alla luce delle più recenti revisioni critiche e della relativa fruizione in Italia e nel mondo. Non limitarsi ad una semplice ed ovvia riproposizione della sua musica, specie se effettuata secondo i canoni ormai obsoleti che una tradizione colma di orpelli ci ha tramandato. Esattamente quello che ci ha offerto il Gran Gala in oggetto.
Prima di addentrarci in una breve analisi interpretativa degli artisti presenti dobbiamo infatti rilevare come la scelta dei brani, da “Il pirata” a “I Puritani” si sia rivelata come un recital in cui si susseguivano pagine falcidiate da incongruenze, estrapolazioni, cadenze spesso semplificate, ensemble privi di alcuni solisti; qualche esempio: la Cavatina di Arturo “A te o cara” prosegue in una forma di ensemble-concertato (Lippmann la definiva aria ‘ibrida’) cui partecipano gli altri solisti, Elvira innanzitutto; perché allora non fermarsi dopo la seconda strofa piuttosto che proseguire con Arturo e il coro privati del sostegno sopranile di Elvira? Drammaturgicamente non regge. E che dire della ‘Scena di Elvino’ dal secondo atto della Sonnambula “Tutto è sciolto…Ah, perché non posso odiarti”; della scena dovrebbe far parte anche Amina che interviene a più riprese; così invece Elvino si rivolge al nulla…Perfino il bis, “Vieni, vieni tra queste braccia” dai Puritani è stato eseguito in una forma semplificata per il soprano (meno per il tenore) chiudendo con una cadenza in uso fino agli anni settanta del Novecento. E la cabaletta di Norma “Ah, bello a me ritorna” troncata immediatamente e privata delle poche battute che chiudono la scena… Onestamente oggi ci aspetteremmo una maggiore cura per omaggiare Bellini in un ‘International Context”.
E veniamo all’esecuzione. Sul podio era attesa, per la prima volta in Sicilia, la giovane direttrice d’orchestra Beatrice Venezi che, sicuramente, ha ottenuto i favori del pubblico ma non ha convinto allo stesso modo chi ne seguisse attentamente il gesto, più appariscente che funzionale. Non ci sembra che l’orchestra abbia raggiunto un’apprezzabile simbiosi con l’artista, più impegnata a cercare una sua linea interpretativa che a rendere coesa l’orchestra (e il coro, istruito da Luigi Petrozziello). La sua lettura belliniana ci è sembrata ancora in fase di studio; tempi per lo più fin troppo dilatati con improvvisi scoppi ritmici che, oltretutto, lasciavano ‘scoperti’ i cantanti. Insomma, crediamo ci sia ancora tanto da maturare. Dei due solisti di canto c’è da dire un gran bene del tenore Marco Ciaponi; giovane in ascesa possiede una solida preparazione di base che gli permette di esprimere un fraseggio fluido, ben poggiato sui fiati fino agli acuti più estremi, emessi con facilità. E’ stato lui la bella sorpresa della serata. Ci sembra invece che il soprano sudcoreano Vittoria Yeo debba ancora affinare la sua tecnica e, soprattutto , la sua interpretazione; Bellini richiede una grande maturità e la limpida voce lirica della Yeo non riesce ancora a imprimere quel pathos drammatico che le grandi arie proposte richiederebbero (Il pirata, Norma…).
Non è stato un inizio da grande inaugurazione, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Vedremo. (Foto di Donatella Turillo)