Spettacolo premiato al Roma Fringe Festival nel 2014 per la migliore drammaturgia e recentemente andato in scena con grande successo anche al Piccolo Teatro della Città (2023), torna a Catania, per la Stagione 2023/24 del Brancati, ‘Taddrarite’ di Luana Rondinelli per l’interpretazione di Donatella Finocchiaro e della stessa autrice, affiancate da Giovanna Mangiù.
Un testo di teatro-denuncia che utilizza l’arma della scrittura lieve, ironica, spesso addirittura divertente, pur trattando di un tema che appare, oggi più che mai, tragicamente drammatico, quello della violenza sulle donne. Una violenza che qui ha permeato la vita di tre sorelle, Franca, Rosa e Maria, al buio, nel chiuso delle pareti domestiche proprio ad opera degli uomini che più avrebbero dovuto amarle; tre taddrarite, pipistrelli secondo l’accezione linguistica marsalese (nella lingua martogliana si sarebbe scritto taddarite), vissute senza aver mai fatto trapelare nulla delle loro sofferenze accettando di fatto una patriarcale cultura millenaria che induceva a nascondere le violenze subite pur salvaguardarsi dal giudizio della gente e della società tutta. Se consideriamo poi che il testo della Rondinelli è stato scritto ben tredici anni fa ci accorgiamo, rapportandolo all’oggi, quanta strada ci sia ancora da percorrere…
Il dramma si svolge nel chiuso di una stanza scenicamente ‘addobbata’ con tre sedie ed una bara semiaperta. Tutto ha inizio con la veglia funebre della più giovane fra le tre sorelle, Maria (Giovanna Mangiù); ma il clima non è cupo, l’evento funebre rappresenta, al contrario, un momento di liberazione per la donna che potrà finalmente iniziare una nuova vita con una vedovanza che potrà rappresentare il momento del riscatto dalle umiliazioni vissute e dalle violenze fisiche. Anche le due sorelle hanno vissuto un percorso simile, vedova anche Rosa (Luana Rondinelli), divorziata Franca (Donatella Finocchiaro). Fra ritrosie, incomprensioni, solitudini, le tre sorelle cominciano ad aprirsi catarticamente alla vita rievocando le proprie esperienze con un linguaggio che la Rondinelli riesce a condire perfino di battute ed autoironia senza mai trascurare l’intento di denuncia. Così tra un’Ave Maria e l’altra, snocciolate da un interminabile rosario continuamente interrotto, le tre donne confrontano le proprie vite; scopriamo, addirittura, che Maria ha ‘accelerato’ la morte del marito diabetico offrendogli un prelibato e ben condito cannolo, mentre Franca è riuscita a trovare la forza di divorziare dal marito dopo anni di violenze mentre quest’ultimo, forse, riservava le proprie carezze all’amante. Per tutta la notte la stanza resta con le luci accese e la porta aperta, per consentire all’anima del trapassato di trovare la strada per volare via, secondo le tradizionali credenze; ma alle prime luci dell’alba la porta viene chiusa ‘prima che l’anima possa tornare ad infestare la casa’, un’anima nera cui neanche il Padreterno consentirebbe l’ingresso in Paradiso.
Ottima la prova delle tre attrici, con la Finocchiaro in evidenza, nel rendere tutta la carica di denuncia che il tema affronta, lasciando un amaro in bocca che la leggerezza della scrittura non può certo cancellare.