Lo avevamo ascoltato diverse volte in varie sale catanesi tra il 2016 e il 2017 (allora ventiquattrenne), quando aveva scelto di perfezionarsi nella nostra città affidandosi alle preziose cure di Epifanio Comis, e ci aveva stupito per le strepitose doti tecniche già acquisite. Adesso, a distanza di sei anni, Dmitry Shishkin, pianista siberiano clamorosamente affermatosi in tutto il mondo dopo avere collezionato ulteriori e prestigiosi premi, è tornato nella splendida sala del Sada per la chiusura della stagione sinfonica 2022/23 del Teatro Massimo ‘Bellini’, mostrandosi nel pieno di una acquisita maturità che nel debordante virtuosismo trova la sua più peculiare cifra esecutiva.
L’esecuzione del Concerto n.3 in re minore, op.30 di Sergei Rachmaninov non poteva costituire banco di prova migliore per esaltare le incredibili risorse virtuosistiche di Shishkin. Composto nell’estate del 1909 a Ivanoka, nel sud della Russia, nella tenuta della famiglia della moglie, dove il musicista si era ‘rifugiato’ per superare un grave esaurimento nervoso che lo aveva afflitto e per recuperare le forze in vista della sua prima tournée americana, il concerto fu poi eseguito al Metropolitan Opera House di New York il 28 Novembre 1909 sotto la guida di Walter Damrosch con lo stesso compositore al pianoforte. Concerto dalle eccezionali difficoltà esecutive, fu a lungo ritenuto quasi ineseguibile prima di entrare di diritto fra le pagine più eseguite della letteratura per tale organico.
Senza alcun timore reverenziale, Shishkin ha impresso alla sua interpretazione un piglio impetuoso e travolgente senza trascurare le oasi di serenità che scaturiscono dalla passionale melodicità, in ciò sostenuto e guidato dalla bacchetta direttoriale del madrileno Pablo Mielgo, il quale ha soppesato con rigore e trasporto le dinamiche orchestrali, donandogli un ampio respiro. Alle acclamazioni finali il giovane pianista russo ha risposto volentieri con due ulteriori bis che hanno scatenato le acclamazioni del pubblico (divertente, oltretutto, il particolare arrangiamento della Marcia Turca di Mozart, riletto da Arkadij Volotov e spesso ripreso da Yuia Wong).
Nella seconda parte Pablo Mielgo ha offerto una lettura particolarmente sentita e partecipata delle due Suite da ‘El sombrero de tres picos’ di Manuel de Falla, trascinando l’orchestra etnea in progressioni ritmiche di fascinosa evidenza. In chiusura il celeberrimo ‘Bolero’ di Ravel permetteva al direttore di affidare ampio spazio solistico alle prime parti dell’orchestra fino al liberatorio dilatamento conclusivo.