Dopo sei anni Madama Butterfly di Puccini torna al teatro Massimo Bellini, quale terzo titolo della Stagione lirica 2025, nel medesimo allestimento della precedente edizione. Una produzione fondamentalmene di tradizione ma non oleografica, anzi piuttosto ‘essenziale’ su cui si innervano pochi elementi simbolico-innovativi. È stata questa la visione registica di Lino Privitera - lo rilevavamo già nel 2019 – il quale non dimentico della sua matrice artistica di ballerino e coreografo, ha previsto una componente coreografica che si è rivelata non solo illustrativa ma anche esplicativa introducendo più volte, al seguito di Butterfly, un gruppo di sei danzatori nerovestiti che ne rappresentano gli antenati e, conseguentemente, il legame con la religione orientale da cui la geisha si distacca per abbracciare la religiosità occidentale cattolica, simboleggiata da una croce fin dalla prima scena; religione nuova cui aderisce in onore del marito americano Pinkerton e con essa la cultura americana che lei, orgogliosamente, accoglie. Ancora la danza fa da supporto, ma diremmo che non se ne sentiva il bisogno, al ‘Coro a bocca chiusa’, momento di per sé sognante e suggestivo che suggella la vana attesa di Cio-Cio-San per il marito americano.
Quando, alla fine, la donna decide di uccidersi per ‘morire almeno con onore’ riaffiora ancora la presenza dei danzatori-avi, quasi dei fantasmi che assistono al rituale con cui la ‘rinnegata’ Butterfly potrà almeno rendere onorevole il suo ‘materno abbandono’. Per il resto una scenografia di tutta tradizione, realizzata da Alfredo Corno unitamente ai costumi, con pannelli scorrevoli e una scalinata sullo sfondo da cui i vari personaggi si introducono lentamente in scena. Luci di Andrea Iozzia, video Maker Daniel Reina.
Scorrevole, senza particolari indugi o compiacimenti la direzione musicale di Alessandro D’Agostini anche se, complessivamente, tendeva a sovrastare le voci, mentre la compagnia di canto appariva ben equilibrata ed omogenea. Il soprano Monica Zanettin, nel ruolo protagonistico aveva l’arduo compito di una sostituzione dell’ultima ora (quella dell’indisposta Valeria Sepe) e la risolveva con ottimo impegno, soprattutto sul piano interpretativo, con graduale e crescente immedesimazione; ammirevole la Suzuki di Laura Verrecchia, fedele servitrice di Butterfly, per prestanza vocale e capacità introspettica. Leonardo Caimi offriva di Pinkerton una spavalda emissione vocale, sfoggiando un facile e lucente squillo e apprezzabili sfumature (si pensi al duetto del I atto). Signorile ed elegante il fraseggio di Luca Galli esprimeva, alla figura del console Sharpless, un credibile calore umano. Tutto il contesto degli ulteriori personaggi era assolutamente adeguato e ricco di personalità, dal Goro di Saverio Pugliese allo zio Bonzo di Gianfranco Montresor a Roberto Accurso (che era il principe Yamadori ma anche il commissario imperiale ; e, ancora, Paola Francesca Natale (Kate Pinkerton) e Filippo Micale (L’ufficiale del registro).
Una Madama Butterfly, in definitiva gradevole, che assicurava sana piacevolezza ai tanti appassionati pucciniani, ed infatti il ‘tutto esaurito’ non è mancato, accompagnato da tanti applausi.